Esodo (ebraico שמות shemòt, "nomi", dall'incipit; greco Έξοδος èxodos, "uscita", latino Exodus) è il secondo libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana. Mosè con la tavola dei dieci comandamenti, opera dello Spagnoletto. È scritto in ebraico e, secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la sua redazione definitiva, ad opera di autori ignoti, è collocata al VI-V secolo a.C. in Giudea, sulla base di precedenti tradizioni orali e scritte (vedi Ipotesi documentale), costituendo il primo nucleo attorno al quale si sarebbe venuta a comporre la scrittura della Bibbia. È composto da 40 capitoli. Nei primi 14 descrive il soggiorno degli Ebrei in Egitto, la loro schiavitù e la miracolosa liberazione tramite Mosè, mentre nei restanti descrive il soggiorno degli Ebrei nel deserto del Sinai. Il periodo descritto è tradizionalmente riferito al 1250-1200 a.C. (quindi nel secolo XIII prima di Cristo, e precisamente al tempo del faraone Merneptah), mentre secondo altri studiosi l'Esodo degli Ebrei dall'Egitto sarebbe da riferirsi al 1500 a.C. (sotto il faraone Amenofi II).
L'Esodo (in greco antico: Ἔξοδος?, Éxodos, "uscita"; in ebraico יציאת מצרים?, «uscita dall'Egitto») è il principale racconto descritto nell'omonimo libro della Bibbia. Il libro racconta di come il popolo ebraico, che secondo la Bibbia sarebbe stato schiavo degli Egizi, sarebbe stato liberato da Dio per mano del profeta Mosè da lui inviato. Abbandonato l'Egitto, gli ebrei avrebbero vagato nel deserto del Sinai per 40 anni per poi giungere nella terra di Canaan, dove si sarebbero insediati. La liberazione dall'Egitto è commemorata dagli Ebrei nel giorno di Pesah, ovvero la Pasqua ebraica. Essendo la Bibbia l'unica fonte dell'evento, e non essendo stati trovati elementi storici od archeologici che dimostrino che una migrazione di tale imponenza sia mai avvenuta nella storia egizia, gli eventi narrati nel Pentateuco non possono essere considerati storici. Nonostante ciò, la maggioranza degli studiosi ritiene che vi sia un nucleo storico dietro agli eventi biblici, ovvero la migrazione di un popolo semita dall'Egitto a Canaan nel XIII secolo a.C.. La narrazione della Bibbia circa gli eventi relativi all'Esodo può essere così sintetizzata:
Giuseppe, diventato viceré d'Egitto, invita suo padre Giacobbe-Israele e i suoi fratelli a stabilirsi nella terra di Goscen, all'interno del dominio egiziano. I discendenti di Giacobbe, i figli d'Israele, dimorano in Egitto e prosperano in pace per 400 anni, dove la cifra non ha valore storico-cronologico ma indica un generico lungo periodo, come avviene altrove anche per il numero 40. Un faraone (da taluni identificato in Ramses II) riduce in schiavitù gli ebrei temendo per il loro numero, obbligandoli a costruire le città di Pitom e Ramses. Continuando a crescere di numero, ordina l'uccisione dei maschi. Dagli ebrei Amram e Iochebed, nasce un bambino, Mosè, che viene abbandonato dalla madre sul fiume Nilo per salvargli la vita. Viene trovato e adottato dalla figlia del faraone, Bithia, e cresciuto alla corte. Una volta cresciuto uccide un egiziano che colpiva un ebreo e fugge dall'Egitto verso Madian. Qui Dio gli parla dal roveto ardente ordinandogli di liberare gli ebrei. Mosè, accompagnato dal fratello Aronne, si reca più volte dal faraone (diverso da quello dell'oppressione, da taluni identificato in Merenptah), chiedendo la liberazione del popolo ebraico. Il faraone rifiuta più volte, e Dio colpisce l'Egitto con le dieci piaghe. Secondo la Bibbia è, comunque, lo stesso Dio a "ostinare il cuore" del faraone perché, nonostante tutti i prodigi compiuti da Mosè, non lasciasse partire gli Ebrei dall'Egitto e si potesse così colpire l'Egitto con stermini e distruzioni.
Terminata l'ultima piaga, il faraone permette agli ebrei di lasciare l'Egitto. Mosè e i figli d'Israele partono e si accampano presso il Mare di Giunco (tradizionalmente tradotto con Mar Rosso). Il faraone però ci ripensa immediatamente e li insegue con tutto il suo esercito. Dio, tramite Mosè, apre miracolosamente il mare, e il popolo ebraico lo attraversa passando sul fondo asciutto. Al termine del passaggio il mare si richiude uccidendo tutti i soldati egiziani. Il popolo ebraico vaga nel deserto dove è sostenuto miracolosamente da Dio che fornisce occasionalmente acqua sgorgante dalla roccia, stormi di quaglie, e soprattutto la manna quotidiana. Dopo 40 anni (cifra simbolica) dall'uscita dall'Egitto attraversano il Giordano, entrando nella terra di Canaan. In Numeri 14,34, Dio preannuncia un anno di ostilità nel deserto per ognuno dei 40 giorni spesi a esplorare la terra di Canaan, disobbedendogli.
Secondo il Libro dell'Esodo il motivo che spinse il popolo ebraico a uscire dall'Egitto fu la fuga dalla dura servitù imposta loro dal faraone. Il principale materiale da costruzione in Egitto era costituito dai mattoni grazie alla grande abbondanza di fango proveniente dai sedimenti (limo) del fiume Nilo. Fonti archeologiche confermano che esistevano effettivamente le mattonaie in Egitto, che il lavoro presso di esse era particolarmente duro, eseguito impastando il fango con la paglia, poi pigiandolo nei telai e infine cotto al sole. Normalmente il lavoro era eseguito da stranieri o schiavi ed era organizzato in squadre con responsabili e attendenti. Questo quadro mostra che quanto raccontato nel libro dell'Esodo a proposito della fabbricazione di mattoni da parte del popolo di Israele è compatibile con i dati archeologici, il che è un fattore a favore dell'origine storica del racconto dell'Esodo.
Secondo la cosiddetta "ipotesi degli Hyksos", l'uscita descritta dal Libro dell'Esodo non sarebbe una fuga dall'oppressione ma una cacciata degli Ebrei da parte degli Egiziani, che sarebbero coincidenti con gli Hyksos. Gli Hyksos erano un popolo semitico, come gli Ebrei, che aveva invaso l'Egitto attorno al 1700 a.C. instaurando la loro capitale ad Avaris, nel basso Egitto. Attorno al 1550-1525 a.C. Ahmose riuscì a conquistare la loro capitale e scacciò gli Hyksos dall'Egitto. L'ipotesi degli Hyksos ha origini antiche: il primo che identificò gli Hyksos con gli Ebrei fu Erodoto, nel V secolo a.C., ripreso poi da Giuseppe Flavio e da molti Padri della Chiesa. John J. Bimson è il principale sostenitore contemporaneo di questa teoria, che non gode comunque di particolare diffusione tra biblisti e storici antichi: il racconto biblico descrive gli Ebrei come ridotti in schiavitù e non come classe dominante dell'Egitto. Una possibile coincidenza tra il racconto biblico e la teoria degli Hyksos vi può essere per il caso di Giuseppe, che secondo il racconto del Genesi divenne viceré d'Egitto e condusse a sé il suo clan, ma questo è un evento precedente e distinto dall'Esodo.
Secondo alcuni studiosi l'Esodo potrebbe non essere storicamente avvenuto nel senso tradizionalmente inteso, vale a dire come fuoriuscita dall'Egitto di una massa di persone identificabili come Ebrei. Secondo l'orientalista Mario Liverani, infatti, l'espressione "esodo" (shē't e altre forme di yāshā' "uscire") in realtà farebbe parte di quello che è stato chiamato "codice motorio", cioè una serie di metafore legate all'idea del movimento e usate per indicare il mutamento di appartenenza politica di una regione, di una città o di un gruppo etnico ad una formazione statale più grande rispetto ad un'altra o a nessuna. Spostamento dei confini politici, quindi, anziché di masse di persone (o di terre, come in alcuni testi). Questo codice motorio era abitualmente usato nei testi del Tardo Bronzo e lo si trova, ad esempio, in un testo del re ittita Šuppiluliuma I a proposito di una sua conquista nella Siria centrale. Un altro esempio ci viene da una lettera di Amarna (antica capitale del faraone Akhenaton), proveniente da Biblo. Nel caso dell'Esodo, l'espressione "uscire dall'Egitto", significava "fine della dominazione egiziana sulla Palestina", evento storico avvenuto nel momento di passaggio fra Tardo Bronzo (quando la Palestina era un dominio egiziano) e prima età del ferro (quando la Palestina raggiunse l'autonomia, dopo le invasioni dei popoli del Mare e la crisi dei grandi imperi).
Dalle fonti storiche extra-bibliche non sono deducibili elementi che possano direttamente riguardare le informazioni contenute nel Libro dell'Esodo. Fonti utili a delineare un quadro storico dell'evento dell'Esodo sono:
- il dato secondo il quale il faraone Ramses II (XIII secolo a.C.) fece costruire la città di Pi-Ramses e ampliare Pitom, nominate nel Libro dell'Esodo;
- la stele di Merenptah (fine XIII secolo a.C.), che testimonia la presenza nei dintorni della terra di Canaan di un popolo nomade di nome ysrỉr, comunemente interpretato da storici e biblisti come Israele. La stele è così chiamata perché fu fatta modificare da Merenptah, figlio di Ramses II: entrambi sono identificati da taluni, rispettivamente, col faraone che si scontrò con Mosè e col predecessore che ordinò lo sterminio dei primogeniti ebrei quando Mosè era in fasce;
- il piedistallo di statua del museo di egittologia di Berlino (XV secolo a.C.), in cui comparirebbe il nome Israele;
- il papiro di Ipuwer, rinvenuto nel 1909 e variamente datato tra il XIX e il XIII secolo a.C., che riferisce di cataclismi naturali e sociali simili alle piaghe narrate nel Libro dell'Esodo;
- Il Papiro di Brooklyn, che menziona circa 30 nomi di schiavi di origine semitica. Vengono citati gli Hapiru, popolazione nomade palestinese, associata da alcuni storici agli Ebrei.
Tra gli studiosi moderni vi è sostanziale accordo sulla veridicità storica del nucleo fondamentale del racconto dell'Esodo, cioè l'emigrazione dall'Egitto di una popolazione semita verso la Palestina. Già nel I secolo d.C., lo storico giudaico Flavio Giuseppe, citando lo scritto del sacerdote tolemaico Manetone nella sua opera Contro Apione, affermò che il racconto dell'Esodo corrisponderebbe storicamente alla cacciata della popolazione cananea degli Hyksos, che regnarono sull'Egitto per circa un secolo dalla loro capitale Avaris (a pochi chilometri dalla biblica Pi-Ramses, futura capitale dei Ramessidi nel delta del Nilo) e sarebbero stati scacciati dal faraone Ahmose I nel 1530 a.C., per rifugiarsi nella regione poi denominata Giudea e fondare la città di Gerusalemme. Secondo l'interpretazione tradizionale e attualmente più diffusa, nota come "Teoria dell'Esodo tardo", l'evento è collocato verso la seconda metà del XIII secolo a.C (circa 1250-1200 a.C.), durante il regno del faraone Ramses II o del suo successore Merenptah.
Nonostante ciò, l'Archeologia biblica, stante anche il progresso delle tecniche archeologiche e scientifiche, evidenzia tra la maggioranza dei ricercatori l'opinione che molto di quanto contenuto nel racconto biblico sia da ritenersi non storico. A sottolineare tali osservazioni sono diversi archeologi israeliani - molto attivi nel campo dell'archeologia biblica, anche come parte del progetto sionista - come Israel Finkelstein[Nota 12] e Ze'ev Herzog, il quale afferma che "questo è ciò che gli archeologi hanno scoperto dai loro scavi nella Terra di Israele: gli Israeliti non sono mai stati in Egitto, non hanno vagato nel deserto, non hanno conquistato i territori in una campagna militare e non li hanno dati alle 12 tribù di Israele" e "un altro intoppo è che l'Egitto stesso governava la Terra di Israele nel momento del presunto Esodo. Anche se i Figli di Israele fossero fuggiti dall'Egitto, avrebbero comunque raggiunto un altro territorio sotto il controllo Egiziano[Nota 13]; lo storico e archeologo Mario Liverani aggiunge: "Due filoni della ricerca, da una parte l'analisi filologica dei testi biblici, dall'altra l'archeologia arrivano alle stesse conclusioni. E le conclusioni sono che non possono essere considerati storici i racconti più celebri del Vecchio Testamento, come le vicende di Abramo e dei Patriarchi, la schiavitù in Egitto, l'Esodo e la peregrinazione nel deserto, la conquista della Terra Promessa, la magnificenza del regno di Salomone".[69][70][71][72][73][74].
Wikipedia: Esodo