Publio Elio Traiano Adriano, noto semplicemente come Adriano (in latino Publius Aelius Traianus Hadrianus; Italica, 24 gennaio 76 – Baia, 10 luglio 138), è stato un imperatore romano, della dinastia degli imperatori adottivi, che regnò dal 117 fino alla sua morte. Successore di Traiano, fu uno dei "buoni imperatori" secondo lo storico Edward Gibbon. Colto e appassionato ammiratore della cultura greca, viaggiò per tutto l'impero e valorizzò le province. Fu attento a migliorare le condizioni dei militari. In Britannia fece costruire un vallo fortificato, il Vallo di Adriano. Inaugurò una nuova strategia militare per l'impero: all'espansione e alla conquista preferì il consolidamento dei confini e della loro difesa. Mantenne le conquiste di Traiano, a parte la Mesopotamia che assegnò a un sovrano vassallo.

Il suo governo fu caratterizzato da tolleranza, efficienza e splendore delle arti e della filosofia. Grazie alle ricchezze provenienti dalle conquiste, Adriano ordinò l'edificazione di molti edifici pubblici in Italia e nelle province, come terme, teatri, anfiteatri, strade e porti. Nella villa che fece costruire a Tivoli riprodusse i monumenti greci che amava di più e trasformò la sua dimora in museo. L'imperatore lasciò un segno indelebile anche a Roma, con l'edificazione del Mausoleo, la Mole Adriana, e con la ricostruzione del Pantheon, distrutto da un incendio. Al contrario del suo predecessore, Adriano non fu mai adottato ufficialmente, tramite la presentazione in Senato. Su questo punto l'Historia Augusta riporta diverse teorie, una delle quali fa discendere il suo avvento al potere da una presunta nomina di Traiano morente, molto probabilmente una messinscena organizzata da Plotina, che avrebbe orchestrato abilmente l'operazione, d'accordo con il prefetto del pretorio Attiano. La questione, in realtà, appare assai più complessa. Pare difficile che Adriano possa aver preso il ruolo di successore di Traiano per sola intercessione di Plotina e di alcuni suoi collaboratori.

Alcuni conii monetali attesterebbero il titolo di Caesar per Adriano già in un periodo compreso tra il 114 e il 117. Sulla scia di tali dati l'adozione di Adriano apparirebbe meno offuscata da dubbi e una deliberata volontà di Traiano. Adriano, salito al trono, allontanò dai luoghi di potere gran parte del seguito e dell'amministrazione di Traiano, non senza ricorrere a metodi brutali (come nella repressione della congiura dei consolari), compresi i vertici militari. In ogni caso la ratifica da parte dell'esercito, che acclamò il nuovo imperatore, chiuse la questione. Un caposaldo della politica adrianea fu l'idea di ampliare, quando possibile, i livelli di tolleranza. Si fece promotore di una riforma legislativa per alleggerire la posizione degli schiavi, i quali si trovavano in situazioni disumane allorché si verificasse un crimine ai danni del dominus. Anche nei confronti dei cristiani mostrò maggiore tolleranza dei suoi predecessori. Ne rimane testimonianza, intorno all'anno 122, in un rescritto indirizzato a Gaio Minucio Fundano, proconsole della provincia d'Asia. In esso l'imperatore, a cui era stato richiesto come comportarsi nei confronti dei cristiani e delle accuse a loro rivolte, rispose di procedere nei loro confronti solo in ordine a notizie circostanziate emergenti da un procedimento giudiziario e non sulla base di accuse generiche.

Il regno di Adriano fu caratterizzato da una generale pausa nelle operazioni militari. Il problema della Giudea si era manifestato in tutta la sua gravità fin dai tempi della prima rivolta, nel 66, quando le truppe di Cestio Gallo, governatore della Siria, furono duramente sconfitte con perdite rilevantissime (poco meno di seimila uomini, secondo Giuseppe Flavio) e la perdita delle insegne da parte della Legio XII Fulminata. Il tutto per opera di truppe che non si potevano tecnicamente definire all'altezza di quelle romane. Il che dimostra la fortissima motivazione dei combattenti Giudei e, in particolare degli Zeloti. La rivolta si protrasse fino alla distruzione di Gerusalemme del 70, per opera del generale Tito, figlio di Vespasiano, e alla caduta della fortezza di Masada avvenuta nel 73, conclusasi con la morte per suicidio di tutti i resistenti e dei membri delle loro famiglie.

Nel 115, sotto Traiano alla rivolta divampata a Cirene, in Egitto e a Cipro si unirono anche i Giudei con effetti devastanti. Il problema era strutturale, dato che gli abitanti della Giudea rifiutavano decisamente la romanizzazione, sia per motivi nazionalistici sia, soprattutto, per motivi religiosi. Infatti, professando una religione monoteista che, in quanto tale, non prevedeva l'affiancamento di altre divinità come era avvenuto in tutte le province, l'integrazione diveniva completamente impossibile. Quando Adriano si trovò a dover affrontare la ricostruzione di Gerusalemme ripropose i moduli architettonici e urbanistici applicati in tutto l'impero, mentre la popolazione ebraica chiedeva una ricostruzione nella forma precedente alla distruzione del 70. A seguito della visita effettuata alle rovine della città nel 130 cominciò l'opera di ricostruzione permettendo inizialmente la ricostruzione di un Terzo Tempio, ma secondo la testimonianza del Midrash quando gli venne riferito dai Samaritani che ciò sarebbe stato causa scatenante di continua sedizione, parve ricredersi.

Di poco seguente, la scelta di far erigere, in luogo di quello ebraico (come accadeva in tutto il resto dell'impero) un tempio al dio romano Giove sul sito del Monte del Tempio, e altre costruzioni dedicate a varie divinità romane in tutta Gerusalemme, tra cui un grande tempio alla dea Venere. Egli fece poi anche rinominare la città la quale divenne così Aelia Capitolina in onore di sé stesso e di Giove Capitolino, la principale divinità romana. Secondo Epifanio (De ponderibus et mensuris, cap. XIII-XVI.; ed. Migne, II. 259-264), Adriano nominò Aquila di Sinope - parente acquisito dello stesso imperatore - come "supervisore dei lavori di costruzione della città". Si dice anche che operò per mettere un grande foro, che avrebbe dovuto essere il centro d'incontro sociale primario della nuova città, all'incrocio delle strade principali del cardine e del decumano, oggi facente parte dell'area quadrata costituita dal Muristan. Presto i Giudei, che avevano sperato in tutt'altro, furono assai delusi dal constatare quanto stava accadendo alla loro terra sacra, cominciarono pertanto sempre più un'opera di opposizione. Quindi una causa della rivolta fu il nazionalismo degli abitanti della Giudea.

Altra causa, secondo una tradizione basata sulla Historia Augusta, suggerisce che le tensioni siano via via cresciute fino a sfociare in uno scontro aperto quando Adriano volle abolire la circoncisione rituale della religione ebraica (il Brit milah) che egli, da fine ellenista qual era, avrebbe interpretato come l'esser una pura e semplice mutilazione fisica. Tuttavia su questo specifico punto la revisione moderna ha evidenziato che moltissimi popoli sotto il dominio romano, nell'area nordafricana e mediorientale, la praticavano senza divieti e che quindi appare singolare un divieto specifico; uno studioso, Peter Schäfer, ribadisce che non vi sono mai state prove per affermare una simile ipotesi proibizionista. Nel 132, divampò la terza guerra giudaica, con i ribelli comandati da Simon Bar Kochba (Simone figlio della stella). Le perdite dei Romani furono tanto pesanti che nel rapporto di Adriano al Senato fu omessa l'abituale formula "Io e il mio esercito stiamo bene". Necessitò di ben 12 legioni per sopprimere la rivolta, ossia circa 5/6 di tutta la forza militare dell'Impero: fu la sola volta in cui il Senato rinunciò a far celebrare il trionfo al ritorno dell'Imperatore dopo una vittoria militare. Nonostante le perdite subite, nel 135, Adriano riuscirà a distruggere la città fortificata di Bétar e soffocare la ribellione devastando la Giudea (580 000 ebrei rimasero uccisi, 1,5 milioni deportati al Mercato degli Schiavi di Adriano a Gaza, 50 città fortificate e 985 villaggi furono distrutti), Adriano tentò di sradicare l'Ebraismo considerandolo la causa delle continue ribellioni.

Proibì di seguire la legge ebraica, di attenersi al calendario ebraico e mise a morte gli studiosi della Torah (il martirio). I "Rotoli sacri" delle scritture furono formalmente e solennemente bruciati sul Monte del Tempio. Nel tentativo di cancellare la memoria stessa della Giudea, rinominò la provincia Syria Palaestina (dal nome dei loro antichi nemici, i Filistei, dall'ebraico "Philistim" פְּלִשְׁתִּים che significa "invasori") e agli ebrei da quel momento in poi fu fatto divieto di entrare nella capitale riconsacrata al paganesimo. Più tardi si permise loro di piangere la loro umiliazione una volta all'anno a Tisha B'Av. Era evidente che l'impero non poteva permettersi di mantenere in vita un potenziale focolaio di ribellione in un'area così delicata, soprattutto in considerazione della presenza di comunità ebraiche in molti paesi al di fuori della Giudea derivante dalla diaspora avvenuta in seguito ai fatti del 70. Quando le fonti ebraiche parlano di Adriano è sempre con l'epitaffio "possano essere le sue ossa frantumate" (שחיק עצמות o שחיק טמיא[18], nell'equivalente aramaico), espressione mai usata neppure nei confronti di Vespasiano o del figlio Tito che avevano fatto distruggere il Secondo Tempio. La letteratura rabbinica è in genere fortemente critica nei confronti della sua politica estera, in particolare riguardo all'intolleranza religiosa che dimostrò verso gli ebrei; le sue politiche infatti sono state viste e intese dai rabbini come un attacco alla propria libertà religiosa, di continuare cioè a studiare la Torah e di seguire gli insegnamenti della legge ebraica.

La maggior parte delle storie raccontate dai "Saggi di Israele" riflettono un approccio bifronte del suo operato: in una storia viene raccontato di come punisce un ebreo che non è riuscito a salutarlo in tempo. Alla domanda rivoltagli su quale fosse la logica della sua severità nel colpire gli uomini, Adriano rispose: "Tu vorresti forse darmi consigli su come uccidere i miei nemici?" In un'altra storia, invece, Adriano scese dal suo carro e s'inchinò davanti a una ragazza ebrea affetta da lebbra. Quando fu interrogato dai suoi soldati sul motivo per cui l'avesse fatto, l'imperatore rispose con un doppio versetto del libro di Isaia - dimostrando in tal modo di conoscerlo assai bene - in lode della nazione di Israele: "Così dice Dio il redentore di Israele per l'anima degli oppressi davanti alla nazione ripugnante, i re vedranno e scenderanno". Il Malbim, nel suo commento al libro di Daniele dice come Adriano abbia fatto erigere una statua di sé stesso nel sito della HaMikdash Bet (il luogo ove sorgeva il santo Tempio di Gerusalemme) in un giorno per celebrare l'anniversario della distruzione del Tempio da parte di Tito. Secondo i documenti storici ebraici di quel tempo, il famoso rabbino e studioso nonché un contemporaneo di Adriano, il rabbino Yehoshua figlio di Anania, si oppose a qualsiasi intervento militare ebraico contro l'esercito romano di occupazione, a dispetto dei duri decreti di Roma promulgati contro la popolazione, e lo stesso fecero anche molti altri.

Negli ultimi anni organizzò la successione. Prima adottò Lucio Elio Cesare, ma quando questi morì la scelta cadde su Antonino Pio, a cui Adriano fece adottare a sua volta il figlio di Elio, Lucio Vero, e il giovane Marco Aurelio. Adriano morì nella sua residenza di Baia forse di edema polmonare, a 62 anni come il predecessore Traiano.
 

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