La battaglia di Magnesia coinvolse truppe della Repubblica romana e dell'impero seleucide. Si consumò nella pianura a nord di Magnesia ad Sipylum attualmente Manisa (detta anche Corupedio). La principale fonte d'informazione storica al riguardo è Tito Livio, il cui proposito era però di glorificare le virtù romane e che ha lasciato dati distorti sui numeri dei soldati spiegati in battaglia e caduti, recentemente riconsiderati e rivisti da vari studiosi. Durante la guerra romano-siriaca, dopo un vano tentativo di resistere in Grecia alle truppe romane (battaglia delle Termopili del 191 a.C.), Antioco III ripiegò in Asia ed allestì un potente esercito. A continuare le operazioni contro Antioco ed a portare le armi in Asia fu, nel 190 a.C., scelto il console Lucio Cornelio Scipione, al quale, in qualità di luogotenente e forse anche per giovargli con la sua preziosa esperienza e il suo provato valore, volle spontaneamente aggiungersi il fratello Publio Cornelio Scipione.

Nel tardo 190 a.C., sorprendendo Antioco III, i Romani attraversano per la prima volta nella storia l'Ellesponto. Incalzato dai Romani, Antioco arretrò presso Magnesia dove la pianura, attraversata dal fiume Frigio, si prestava alle manovre della sua cavalleria e dei suoi carri da guerra. Antioco, quando si rese conto che il suo piano era fallito e non poteva più vincere, si ritirò riparando a Sardi e poi ad Apamea da dove nel 188 a.C. firmò la pace con i Romani. Era ancora a capo di un esercito numeroso, ma politicamente e strategicamente l'impero seleucide si ritrovava in svantaggio, e dovette così rinunciare alla Grecia che divenne quindi parte della sfera d'influenza romana. La sconfitta limitò fortemente anche le ambizioni di consolidamento imperiale in Asia Minore e rinnovò l'indipendenza delle lontane satrapie di Partia e Battriana, che nel secolo precedente si erano già ribellate.

La battaglia divenne inoltre un esempio di come la falange di tipo macedone fosse vulnerabile se sprovvista di supporto ai fianchi e in mancanza di cavalleria disponibile ad attuare la tattica avvolgente ad "incudine e martello" con cui colpire l'avversario. Le fonti romane del tempo riportano che, al termine della battaglia, le perdite selucidi ammontarono a circa 53 000 uomini, mentre quelle romane furono di soli 300. Per quanto la battaglia di Magnesia sia stata una delle più importanti vittorie della storia romana, la stima dei caduti non risulta plausibile e deve essere interpretata ricordando il fine "propagandistico" dei resoconti scritti dagli storici del tempo. 
 

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