Publio Licinio Valeriano (in latino: Publius Licinius Valerianus; 200 circa – Bishapur, dopo il 260) è stato un imperatore romano. Regnò dal 253 al 260. È il primo esponente della Dinastia valeriana. Dopo la sua ascesa al trono associò suo figlio Gallieno al potere, prima come Cesare e poi come Augusto, nominando a sua volta il secondogenito, Valeriano il giovane, Cesare. Il suo governo fu caratterizzato dai continui tentativi di sconfinamento di popoli alle frontiere danubiane e renane, ma anche in Numidia e sul confine sasanide la situazione era tutt'altro che tranquilla. Proprio mentre stava conducendo operazioni militari contro i Persiani Sasanidi nel confine orientale dell'Impero romano, fu fatto prigioniero durante la battaglia di Edessa, in Mesopotamia, nel 260 dal re Shapour I (Sapore I) dei Sasanidi e morì prigioniero qualche tempo dopo. Il regno di Valeriano, in particolare la sua seconda parte, è descritto da pochissime fonti, per lo più frammentarie; la cronologia si basa sulla sua data di morte, tradizionalmente assunta essere il 260.
Valeriano emanò due editti, nel 257 e nel 258, che prevedevano la confisca dei terreni religiosi e la condanna dei seguaci del Cristianesimo; a differenza dei suoi predecessori diresse il proprio attacco alla gerarchia ecclesiastica piuttosto che ai semplici fedeli. Tra le vittime di questa persecuzione vi furono infatti papa Stefano I, papa Sisto II, il vescovo di Cartagine Cipriano di Cartagine, Dionisio di Alessandria, san Lorenzo martire. A questi l'agiografia cristiana aggiunge martirii dubbi o impossibili, come quelli di papa Lucio I, Novaziano, Rufina e Seconda, Gervasio e Protasio, Colomba di Sens, Rustico, Mercurio di Cesarea
La persecuzione voluta da Valeriano ha avuto un esito negativo sulla storiografia del suo regno: tra le vittime vi fu anche Cipriano, vescovo di Cartagine, il quale fu prima esiliato e poi, al suo ritorno, messo a morte (settembre 258). Proprio la fine della sua corrispondenza fa mancare un'importante fonte storica di quel periodo.
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