«Farisei; essi godono fama d'interpretare esattamente le leggi, costituiscono la setta più importante, e attribuiscono ogni cosa al destino e a Dio.» (Flavio Giuseppe, Guerra giudaica, II, 162.) La corrente dei farisei costituisce il gruppo politico-religioso giudaico più significativo nella Giudea del periodo che intercorre all'incirca tra la rivolta dei Maccabei contro il regno seleucide (II secolo a.C.) e la prima guerra giudaica (70 d.C.). Essi, in vari momenti, si identificavano come un partito politico, un movimento sociale ed una scuola di pensiero; insieme ad esseni, sadducei e zeloti, i farisei erano il partito o filosofia di maggior importanza durante il periodo del Secondo Tempio. I conflitti tra farisei e sadducei hanno avuto luogo nel contesto di conflitti sociali e religiosi tra ebrei molto più ampi e di lunga data, risalenti alla cattività babilonese e aggravati dalla conquista romana. Un conflitto era di ceto, tra ricchi e poveri, poiché i sadducei includevano principalmente le famiglie sacerdotali e aristocratiche. Un altro conflitto era culturale, tra chi favoriva l'ellenizzazione e coloro che la osteggiavano. Un terzo era giuridico-religioso, tra chi enfatizzava l'importanza del Secondo Tempio con i suoi riti e servizi cultuali, e coloro che sottolineavano l'importanza di altre Leggi mosaiche. Un quarto punto di conflitto, specificamente religioso, coinvolgeva diverse interpretazioni della Torah e come applicarle alla vita ebraica, con i sadducei che riconoscevano solo la Torah scritta e respingevano le dottrine della Torah orale e della risurrezione dei morti.
Le testimonianze più note sui farisei sono costituite dal Nuovo Testamento e dalle opere dello storico Flavio Giuseppe (37 – ca. 100 d.C.), egli stesso dichiaratosi fariseo. Poiché, tuttavia, l'ebraismo rabbinico o moderno (cfr. infra) è essenzialmente derivato dal farisaismo, anch'esso ci attesta molti aspetti della dottrina e del pensiero di tale corrente spirituale. Giuseppe stimava la popolazione totale dei farisei prima della distruzione del Secondo tempio a circa 6 000 ("exakischilioi"). Affermava inoltre che i farisei ricevevano il supporto del popolino, in contrasto apparentemente con la più elitaria corrente dei sadducei: «Per questi (insegnamenti) hanno un reale ed estremamente autorevole influsso presso il popolo; e tutte le preghiere e i sacri riti del culto divino sono eseguiti conformemente alle loro disposizioni. La pratica dei loro altissimi ideali sia nel modo di vivere sia nei ragionamenti, è l'eminente tributo che gli abitanti delle città pagano all'eccellenza dei Farisei.» (Antichità giudaiche, 18:15)
I farisei si attribuivano autorità mosaica nelle loro interpretazioni delle Leggi ebraiche (Halakhah), mentre i sadducei rappresentavano l'autorità dei privilegi sacerdotali e delle prerogative stabilite sin dai tempi di Salomone, quando Zadok, loro avo, officiava come Sommo Sacerdote. Il termine "popolo" usato da Flavio Giuseppe indica chiaramente che la maggioranza degli ebrei erano "semplicemente popolo ebraico", separandoli e rendendoli indipendenti dai principali gruppi liturgici (da lui descritti nel Libro XVIII supra). Il Nuovo Testamento inoltre fa spesso riferimento alla gente comune, al popolo, indicando che l'identità ebraica era indipendente e più forte di questi gruppi. Nella sua Lettera ai Filippesi, Paolo di Tarso asserisce che dei cambiamenti si erano verificati nelle sette liturgiche della diaspora, identificandosi tuttavia ancora come "giudeo" o "ebreo",
« circonciso l'ottavo giorno, della stirpe d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei, fariseo quanto alla legge » ( Filippesi 3:5, su laparola.net.)
Ma la posizione di Paolo di Tarso e il giudaismo è ancora in discussione. Al di fuori della storia ebraica e relative documentazioni, i farisei sono citati nel Nuovo Testamento in conflitto con Giovanni Battista e con Gesù. Esistono inoltre numerosi riferimenti nel Nuovo Testamento a Paolo di Tarso come fariseo. Tuttavia, la relazione tra primo cristianesimo ed i farisei non è stata sempre ostile: per esempio Gamaliele viene spesso citato quale leader farisaico favorevole ai cristiani. Le tradizioni cristiane sono state comunque causa di diffusa consapevolezza dei farisei. La prima menzione storica dei farisei proviene dallo storico ebreo-romano Flavio Giuseppe in una descrizione delle "quattro scuole di pensiero", o "quattro sette," in cui divise gli ebrei nel I secolo d.C. (Le altre scuole erano gli esseni, che erano generalmente apolitici e che potrebbero essere emersi come una setta di sacerdoti dissidenti che avevano rifiutato come illegittimi i sommi sacerdoti nominati sia dai seleucidi che dagli Asmonei; i sadducei, principali antagonisti dei farisei; la "quarta filosofia" di Giuda il Galileo, forse associata ai gruppi rivoluzionari antiromani come i Sicarii e gli zeloti).
Altre sette emersero in questo periodo, come i primi cristiani a Gerusalemme ed i terapeuti in Egitto. Il Secondo libro dei Maccabei, un libro deuterocanonico della Bibbia cristiana, si centra sulla rivolta ebraica contro il re seleucide Antioco IV Epifane e si conclude con la sconfitta del suo generale, Nicanore, nel 161 a.C. da parte di Giuda Maccabeo, l'eroe dell'opera. Fu scritto probabilmente da un fariseo o qualcuno favorevole ai farisei, in quanto comprende diverse innovazioni teologiche: la preghiera per i morti propiziatoria, il giorno del giudizio, l'intercessione dei santi ed i meriti dei martiri. Yehudah HaNasi redasse la Mishnah, un'autorevole codifica della legge farisaica, verso il 200 d.C. Gran parte delle autorità citate nella Mishnah vissero dopo la distruzione del Tempio nel 70 d.C.; ciò segna quindi l'inizio della transizione dall'ebraismo farisaico a quello rabbinico (cioè la normativa moderna). Dopo aver sconfitto le forze seleucidi, il nipote di Giuda Maccabeo, Giovanni Ircano istituì una nuova monarchia nella forma della dinastia sacerdotale degli Asmonei, nel 152 a.C. - stabilendo così i sacerdoti come autorità sia politica che religiosa.
Sebbene gli Asmonei fossero considerati eroi per aver resistito ai Seleucidi, il loro regno mancava della legittimità conferita dalla discendenza della dinastia davidica del Primo Tempio. La fazione dei farisei ("separatisti") emerse in gran parte dal gruppo di scribi e saggi ebrei. Il loro nome proviene dall'ebraico e aramaico parush o parushi, che significa "colui che è separato". Si può riferire alla loro separazione dai gentili, fonte di impurità rituale, o da ebrei irreligiosi. I farisei, con altre sette ebraiche, erano attivi dalla metà del II secolo a.C. fino alla distruzione del Tempio nel 70 d.C. Flavio Giuseppe li menziona per la prima volta in connessione con Gionata, successore di Giuda Maccabeo (Antichità giudaiche 13:5, § 9). Uno dei fattori che distinguono i farisei da altri gruppi, prima della distruzione del Tempio, era la loro convinzione che tutti gli ebrei dovessero osservare le leggi di purezza (che si applicavano al servizio del Tempio) fuori dal Tempio.
La differenza principale, tuttavia, era la costante aderenza dei farisei alle leggi e alle tradizioni del popolo ebraico in opposizione all'assimilazione. Come osserva Flavio Giuseppe, i farisei erano considerati i maggiori esperti ed espositori accurati della legge ebraica. Come anche specificato da Flavio Giuseppe (cfr. supra) i farisei erano uno di almeno quattro grandi scuole di pensiero nell'ambito della religione ebraica nel primo secolo dell'era volgare. Erano inoltre uno di vari gruppi successori degli Asidei, un movimento ebraico anti-ellenistico che si formò all'epoca del re seleucide Antioco IV Epifane (175-163 a.C.). La posizione sociale e le credenze dei farisei si modificarono nel tempo, in modo tale che il ruolo, l'importanza e il significato dei farisei si evolsero man mano che le condizioni politiche e sociali in Giudea cambiarono. In nessun momento una di questi sette costituirono la maggioranza: la maggior parte degli ebrei erano non settari.
Flavio Giuseppe indica che i farisei avevano ricevuto il sostegno e l'accettazione della gente comune, apparentemente in contrasto con i sadducei più elitisti e associati alle classi dominanti. In generale, mentre i sadducei erano monarchici aristocratici, i farisei erano eclettici, populisti e più democratici. La posizione farisaica è esemplificata dall'asserzione che "Un dotto mamzer ha precedenza su un sommo sacerdote ignorante". I sadducei respingevano il principio farisaico di una Torah orale e avevano formulato nuove interpretazioni sulla base di una comprensione letterale dei versetti biblici. Nelle loro vite personali questo spesso significava uno stile di vita eccessivamente rigoroso dal punto di vista ebraico, poiché avevano rigettato la tradizione orale e quindi l'esegesi farisaica della Torah. Un esempio di questo approccio diverso è l'interpretazione di "occhio per occhio". La spiegazione farisaica era che il valore di un occhio era a carico del colpevole. Nell'interpretazione dei sadducei, alle parole veniva dato un valore letterale, in cui al colpevole doveva venir levato un occhio. Dal punto di vista dei farisei, i sadducei volevano cambiare la comprensione ebraica della Torah.
I saggi del Talmud vedono un collegamento diretto tra di loro ed i farisei, e gli storici generalmente considerano l'ebraismo farisaico quale progenitore dell'ebraismo rabbinico, cioè l'ebraismo normativo, mainstream dopo la distruzione del Secondo Tempio. Tutte le forme tradizionali dell'ebraismo odierno si reputano eredi dell'ebraismo rabbinico e, in ultima analisi, dei farisei. Mentre in esistenza, il Secondo Tempio rimase il centro della vita rituale ebraica. Secondo la Torah, gli ebrei erano tenuti a recarsi a Gerusalemme e offrire sacrifici al Tempio tre volte l'anno: a Pesach (Pasqua), Shavuot (la Festa delle Settimane) e Sukkot (la Festa dei Tabernacoli). I farisei, come i sadducei, erano politicamente quiescenti e studiavano, insegnavano e servivano a modo loro, secondo le proprie tradizioni. In questo periodo gravi divergenze teologiche emersero tra sadducei e farisei: l'idea che il sacro potesse esistere al di fuori del Tempio – concetto centrale per gli esseni – era condiviso ed esaltato dai farisei. A differenza dei sadducei, i farisei credevano anche nella risurrezione dei morti in una futura era messianica, affermando inoltre una risurrezione letterale del corpo. Dopo le guerre giudeo-romane, rivoluzionari come gli zeloti erano stati schiacciati dai romani e avevano poca credibilità (gli ultimi zeloti morirono a Masada nel 73). Allo stesso modo, i sadducei, i cui insegnamenti erano stati così strettamente connessi al Tempio, scomparvero con la distruzione del Secondo Tempio nel 70. Anche gli esseni scomparvero, forse perché i loro insegnamenti divergevano notevolmente dalle problematiche di quei tempi, o forse perché erano stati saccheggiati dai Romani a Qumran. Di tutte le principali sette del Secondo Tempio solo i farisei rimasero preponderanti, presentando insegnamenti diretti a tutti gli ebrei che potevano sostituire il culto del Tempio. Tali insegnamenti si estesero oltre le pratiche rituali.
Secondo una midrash classica in Avot D'Rabbi Nathan (4:5): «Il Tempio è distrutto. Non abbiamo mai assistito alla sua gloria. Ma il rabbino Joshua sì. E un giorno, quando guardò le rovine del Tempio, scoppiò in lacrime. "Guai a noi! Il luogo che espiava i peccati di tutto il popolo di Israele è in rovina!" Poi Rabbi Jochanan Ben Zakkai disse queste parole di conforto: "Non essere addolorato, figlio mio. C'è un altro modo di guadagnarsi l'espiazione rituale, sebbene il Tempio sia distrutto. Ora dobbiamo ottenere l'espiazione rituale attraverso atti di bontà amorevole."» (Avot D'Rabbi Nathan 4:5) I farisei appaiono nel Nuovo Testamento, coinvolti in conflitti con Giovanni Battista e con Gesù, nonché col personaggio di Nicodemo il Fariseo (Giovanni 3:1) che, insieme a Giuseppe d'Arimatea, aiutò a deporre il corpo di Gesù nella tomba (19,39-42) a grande rischio personale. Gamaliele, il rinomato rabbino e difensore degli apostoli, era anch'egli un fariseo e, secondo alcune tradizioni cristiane, si convertì segretamente al cristianesimo. Esistono vari riferimenti nel Nuovo Testamento a Paolo di Tarso come fariseo prima della sua conversione al cristianesimo.
Il Nuovo Testamento – particolarmente i Vangeli sinottici – soprattutto presenta la dirigenza dei farisei come ossessionata da regole artificiali (in particolare in materia di purezza), mentre Gesù è più interessato all'amore di Dio; i farisei disprezzano i peccatori mentre Gesù li cerca. (Il Vangelo di Giovanni, che è l'unico vangelo in cui è menzionato Nicodemo, in particolare ritrae la setta come divisa e disposta a discutere). A causa delle frequenti rappresentazioni nel Nuovo Testamento dei farisei come attaccati alle regole e boriosi, la parola "fariseo" (e suoi derivati) è entrata in uso quasi comune a descrivere una persona ipocrita e arrogante, che pone la lettera della legge prima dello spirito. Ad oggi quindi il termine fariseo nel linguaggio parlato non denota più un membro della setta religiosa ebraica, ma piuttosto una persona falsa, cattedratica, che guarda più alla forma delle proprie azioni e di quelle degli altri piuttosto che alla loro sostanza. La connotazione fortemente negativa del termine deriva principalmente dal fatto che Gesù usava spesso rimproverare i farisei e inveire contro il loro comportamento usurario (sebbene Gesù fosse anche stato ospitato a pranzare da uno di loro), in quanto essi si consideravano essere i "maestri della Legge"; in secondo luogo, ciò deriva anche dalle lotte interne di gruppi e sette giudaiche esistite in contemporanea con quella dei farisei (tra cui i giudeo-cristiani) e che sarebbero state soppresse solo dopo la rivolta di Bar Kokheba.
Gli ebrei di oggi, che sono fedeli all'ebraismo farisaico, tipicamente lo trovano insultante e alcuni considerano l'uso della parola come antisemita. Alcuni hanno ipotizzato che Gesù stesso fosse un fariseo e che i suoi argomenti coi farisei erano un segno di inclusione piuttosto che di fondamentale conflitto (il dibattito e la disputa erano modalità narrative dominanti usate nel Talmud come ricerca della verità e non necessariamente un segno di opposizione o ostilità). L'enfasi di Gesù ad amare il prossimo (si veda Comandamento dell'amore), per esempio, fa eco all'insegnamento della scuola di Hillel. Le opinioni di Gesù sul divorzio (Matteo 5), tuttavia, sono più vicine a quelle della scuola di Shammai, un altro fariseo. Altri sostengono che il ritratto dei farisei nel Nuovo Testamento sia una caricatura anacronistica. Sebbene una minoranza di studiosi seguano l'Ipotesi agostiniana per il problema sinottico, la maggior parte dei biblisti datano la composizione dei vangeli cristiani tra il 70 e il 100 d.C., nel tempo dopo che il cristianesimo si era separato dal giudaismo (e dopo che farisaismo era emerso come la forma dominante).
Piuttosto che un resoconto accurato delle relazioni di Gesù coi farisei e altri leader ebrei, questo punto di vista sostiene che i Vangeli riflettano invece la competizione e il conflitto tra primi cristiani e farisei per la guida degli ebrei, o rappresenti i tentativi dei cristiani di defilarsi dagli ebrei al fine di presentarsi in una luce più favorevole (e benigna) ai romani e agli altri pagani - rendendoli quindi una fonte tendenziosa in merito al comportamento dei farisei. Esempi di passi controversi sono la storia di Gesù che dichiara perdonati i peccati di un uomo paralitico ed i farisei che chiamano tale azione una bestemmia (Marco 2). Nella storia, Gesù ribatte l'accusa di non avere il potere di perdonare i peccati e quindi li perdona, inoltre guarendo l'uomo. I cristiani interpretano la parabola del paralitico come dimostrazione che gli insegnamenti "costruiti" dai farisei avevano così "accecato i loro occhi" e "indurito i loro cuori", da farli perseverare nel rifiuto (a differenza delle folle) di accreditare la sua autorità. Di conseguenza, il Nuovo Testamento descrive Gesù che affronta quella che egli reputa essere una saccenteria sentenziosa non-scritturale dei farisei in merito al peccato, alla infermità e alla malattia.
Alcuni storici tuttavia notano che le azioni di Gesù siano in verità simili e consistenti con le credenze e pratiche ebraiche del tempo, come riportate dai rabbini, che comunemente associano la malattia al peccato e la guarigione al perdono. Gli ebrei (secondo E. P. Sanders) respingono l'idea neotestamentaria che la guarigione sia stata criticata/disapprovata dai farisei, poiché non esiste fonte rabbinica che metta in questione o condanni tale pratica. Un'altra argomentazione asserisce che, secondo il Nuovo Testamento, i farisei volessero punire Gesù per aver guarito la "mano inaridita" di un uomo durante lo Shabbat (Marco 3). Ma nessuna regola rabbinica è stata trovata secondo cui Gesù avrebbe violato lo Shabbat. Alcuni biblisti credono che quei passi del Nuovo Testamento che appaiono più ostili contro i farisei, come il passo riportante le critiche di Gesù agli scribi e ai farisei, siano stati scritti dopo la distruzione del Tempio di Erode nel 70 d.C. Solo il cristianesimo e il farisaismo sopravvissero alla distruzione del Tempio e i due rivaleggiarono per un breve periodo di tempo, fino a quando i farisei emersero come la forma dominante dell'ebraismo. Quando molti ebrei non si convertirono, i cristiani cercarono nuovi convertiti tra i pagani. I cristiani dovevano spiegare perché i convertiti dovessero ascoltare loro piuttosto che gli ebrei non messianici in merito alla Bibbia ebraica, e si dovevano inoltre dissociare dagli ebrei ribelli che tanto spesso respingevano l'autorità romana e l'autorità in generale. Venivano così percepiti come avessero presentato una storia di Gesù più in sintonia coi romani che con gli ebrei.
Wikipedia: Farisei
immagine: Cristo nella Casa dei Farisei, dipinto di Tintoretto