Gli eventuali residui superstiti dei sadducei o furono assimilati dalla società romano-ellenica nella quale si rifugiarono, oppure si convertirono al cristianesimo. In ogni caso, dopo la catastrofe nazionale giudaica del 70 d.C., culminata nella distruzione di Gerusalemme e del suo secondo Tempio, l'ebraismo riemerge coagulandosi attorno alla corrente spirituale dei farisei, avversaria dei sadducei e di questi ultimi non vi è alcuna traccia. Sui sadducei cala, quindi, un velo che assomiglia molto ad una sorta di damnatio memoriae: i romani, che si erano appoggiati a loro per governare la Giudea, dovettero constatare il sostanziale fallimento della loro categoria in quanto amministratori e alleati. Dai farisei, che già ne avevano avversato la dottrina, i sadducei vennero parimenti ritenuti responsabili della catastrofe che aveva colpito la nazione ed il Tempio; per i cristiani, infine, i sadducei rimasero indelebilmente associati alle figure di Caifa ed Anna, rispettivamente, il sommo sacerdote che fece arrestare e condannare a morte Gesù e un precedente sommo sacerdote (in carica al tempo in cui Gesù avrebbe avuto 12 anni e sarebbe stato ritrovato dai genitori ad insegnare nel tempio).
Sulla dottrina dei sadducei non ci è pervenuto alcun testo scritto, pertanto non è possibile tracciarne un quadro preciso. Secondo quanto riferito da Giuseppe Flavio, essi sostenevano che si dovessero considerare valide solo le norme contenute nella cosiddetta Legge scritta, ossia quanto tramandato nei libri della Bibbia ebraica, o Torah, mentre i farisei ritenevano valide anche certe norme contenute nella Legge orale, ossia la tradizione interpretativa della Torah, trasmessa in maniera verbale dalle generazioni precedenti. A differenza dei farisei, che credevano nel giudizio dopo la morte con la ricompensa dei giusti e il castigo dei malvagi, i sadducei negavano l'immortalità dell'anima e l'esistenza di pene e premi nello Sheol; tuttavia, è lecito dubitare che avessero, al riguardo, una posizione di netta preclusione, perché l'evidenza archeologica delle modalità di sepoltura seguite dai sadducei attesta, in ogni caso, una fede nell'esistenza di un mondo ultraterreno del quale il defunto, alla morte, entra a far parte. Secondo quanto riportato dai Vangeli sinottici, i sadducei, al contrario dei farisei, non credevano alla risurrezione dei morti.
Pare che non accettassero nemmeno la dottrina degli angeli, affermando che fossero pulsioni ispirate da Dio nelle creature umane o manifestazioni del suo potere. Il calendario liturgico dei sadducei differiva leggermente da quello adoperato dai farisei, la qual cosa spiega le lievi divergenze temporali relative ai racconti della Passione tra i Vangeli sinottici e quello di San Giovanni. Il rifiuto della tradizione orale, fu, probabilmente, il fattore che consentì ai sadducei di aprirsi alla cultura dell'ellenismo, pur conservando la fede nel giudaismo, facendo di essi un'élite intellettuale ed imprenditoriale capace di esercitare notevole influenza persino nell'ambito della politica imperiale. La loro permeabilità agli influssi stranieri, connessa alla capacità di mantenere intatta la propria identità, è tipica dei ceti aristocratici di ogni tempo ed ogni nazione e l'opposizione ai sadducei da parte dei farisei riecheggia motivi di orgoglio nazionale e di rivalsa anti-aristocratica che troviamo, nella Storia, replicati numerose volte in diversi contesti. Sebbene i sadducei siano scomparsi dalla scena storica nel I secolo d.C., ai loro insegnamenti si richiamarono i Caraiti, che ruppero con l'ebraismo rabbinico nell'VIII secolo; tuttavia una questione fondamentale distingue le due sette: i Caraiti credono nella resurrezione, nell'immortalità dell'anima e nelle ricompense e punizioni dopo la morte.
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