Emanò un decreto che vietava l'aumento della coltivazione della vite in Italia e imponeva la distruzione di metà delle coltivazioni nelle province. La decisione, pare fu presa per convertire terreni alla coltivazione di cereali, in modo tale da evitare rischi di carestia. In concreto si trattò di un provvedimento protezionista che favorì i produttori italici di vino, quando l'economia italica iniziava a declinare di fronte alla concorrenza delle province. Non mirò all'espansione dell'Impero, ma a difendere i confini costituendo gli Agri Decumates, territori colonizzati alle frontiere del Reno e della Rezia, rafforzandone le difese. Si appoggiò sulla popolazione urbana, sui piccoli coltivatori e sull'esercito, comprendendo i difetti della diarchia, cioè di un governo diviso tra l'autorità dell'imperatore e quella di un Senato aristocratico geloso delle proprie prerogative, ma incapace di governare.
Si fece chiamare o venne chiamato dagli adulatori dominus et deus (signore e dio), ma rimase nel solco della tradizionale cultura romana e non riuscì o non volle sciogliere il nodo della divisione dei poteri, pur ingaggiando un'aperta lotta con l'aristocrazia. Dopo la fallita insurrezione di Lucio Antonio Saturnino accentuò la repressione, instaurando un regime di terrore cui pose fine un complotto del Senato, con il suo assassinio.
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