Dopo gli anni di caos che caratterizzarono il cosiddetto periodo dei torbidi, il potere in Russia passò alla dinastia dei Romanov, fondata nel 1613 da Michele I, che dominò la Russia sino alla rivoluzione del 1917. Dopo la sconfitta della Polonia nella prima guerra del Nord (1654-1667), l'Impero russo si estese sino a comprendere l'Ucraina, dove gli zar dovettero affrontare una violenta ed estesa ribellione popolare provocata, come molte altre simili, dalle intollerabili condizioni di vita dei contadini. Sotto il regno degli zar la Russia imperiale divenne uno degli Stati europei più potenti dell'epoca, i cui confini in Asia giunsero fino all'oceano Pacifico e anche in America, dove si ebbe l'America russa, ovvero la colonizzazione dell'Alaska. Fra gli zar succedutisi si ricorda Pietro il Grande che, salito al trono nel 1682, riorganizzò lo Stato russo secondo il modello occidentale dello Stato moderno, con una burocrazia gerarchizzata e con tribunali centrali (considerati comunque come facenti parte dell'amministrazione). Il diritto restò prevalentemente consuetudinario e i pochi interventi dello zar rimangono limitati al settore amministrativo. Un ruolo importante fu svolto anche da Caterina II. All'inizio del XX secolo il sistema di governo autocratico si presentava come estremamente conservatore, avendo rifiutato praticamente ogni tentativo di ammodernamento nel corso del secolo precedente. Queste condizioni di tensione interna contribuirono a portare la Russia ad una pericolosa crisi, che sfociò nella rivoluzione d'ottobre.
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